di Luigi Amodio
I giorni in cui scrivo questo articolo, per il terzo numero di questa rivista, sono molto probabilmente tra i più difficili che l’umanità sta attraversando da molti decenni. E le notizie, purtroppo quasi sempre pessime, si aggiornano ormai di ora in ora, mostrandoci nuove violenze e atrocità su popolazioni inermi, fallimenti diplomatici, radicalizzazione di posizioni e nuove inimicizie.
Sullo sfondo, un cambiamento climatico sempre più veloce e dalle conseguenze sempre più evidenti, che causerà nuovi disastri naturali e, conseguentemente, nuove migrazioni e nuove crisi politiche in quel mondo che un tempo tutti credevano, sbagliando clamorosamente, che avesse raggiunto “la fine della storia” e una fase di globalizzazione fondata sulla pace, la cooperazione, lo sviluppo e la crescita. Tutto ciò, va però ricordato, mentre in altre parti del mondo – soprattutto nei paesi che oggi vengono definiti “Sud globale” – le guerre, l’instabilità politica, la povertà, non si sono mai fermate davvero.
Nei film di fantascienza, di fronte a un nemico globale come appunto nella realtà è il cambiamento climatico, arriva sempre il momento in cui i “grandi” della Terra mettono da parte il loro interesse nazionale e, dopo una girandola di telefonate o una grande conferenza alle Nazioni Unite, si decide solennemente, magari affidandosi al supereroe di turno, che il mostro o l’alieno o l’asteroide che minaccia la vita sulla Terra, venga fermato da una volontà e uno sforzo comune.
Ma purtroppo non siamo in un film, per quanto catastrofico; nella nostra realtà si preferisce combattersi l’un l’altro piuttosto che unire le forze e provare – sia pure sullo sfondo di una storica ridislocazione geopolitica, che trasformerà il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale – a rispondere, come umanità, ai nemici comuni: i mutamenti del clima, la fame, la disuguaglianza, le malattie vecchie e nuove, che emergono e riemergono, anche nei paesi che un tempo si ritenevano immuni.
Sono parole ingenue, lo so bene, e però ritengo che ognuno debba fare la propria parte, per quello che può. E proprio per questo penso che la comunità scientifica, sia quella dei ricercatori che la nostra comunità di comunicatori della scienza, debba in questo momento guardare oltre e gettare il cuore oltre l’ostacolo. Io comprendo, e come non potrei, l’invito che spesso è venuto da studenti, intellettuali, attivisti, docenti universitari a sospendere, in questo momento di crisi, la collaborazione e il lavoro comune con le corrispondenti comunità sia russa che israeliana. Lo comprendo, ripeto. Ma non lo condivido. E non lo condivido perché – senza alcun cedimento alla metafisica – sono fermamente convinto che la scienza (…quel linguaggio “scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola”…) e soprattutto la sua pratica, non vadano mai interrotte, anche nei momenti più acuti di conflitto.
La lingua condivisa della scienza e della ricerca può e deve, infatti, contribuire a tenere aperti canali di comunicazione anche con il “nemico”, perché in fondo è con il “nemico” che si può poi trattare e magari siglare un armistizio. Ne abbiamo molti esempi nella storia anche recente e addirittura nell’attualità, come la missione sulla Stazione Spaziale Internazionale che ha visto convivere in orbita, anche dopo l’invasione dell’Ucraina, astronauti russi, americani ed europei. Proprio Samantha Cristoforetti dichiarò, a quel tempo: “Tutti qui sulla Stazione Spaziale siamo tristi per il conflitto in corso in Ucraina, ma penso che sia importante continuare a lavorare tutti insieme”.
Ecco, partiamo da qui e proviamo – anche se so che è molto difficile – a tenere aperta questa finestra di dialogo nei nostri progetti, nelle nostre attività, nelle nostre ricerche. Forse non sarà servito a nulla; forse, invece, darà un piccolo contributo per quel nuovo ordine di pace e sviluppo che tutti desideriamo.
P.S. Questo articolo rispecchia le mie opinioni personali e non impegna in alcun modo le istituzioni coinvolte nel progetto SciCo+. Colgo anche l’occasione per comunicare che dal 1° settembre 2024 non lavorerò più per Città della Scienza e sarò impegnato in nuove sfide professionali. Auguro perciò a tutta la comunità di SciCo+ di portare ancora avanti e concludere con successo questo importante progetto.
Luigi Amodio
Direttore del Science Centre di Città della Scienza