Percorsi di apprendimento creativo, approcci integrati e metodologie didattiche inusitate
di Barbara Avella, Mauro CrepaldiAbstract
In ambito didattico, così come nella pratica della divulgazione scientifica, si richiede un elevato grado di plasticità nell’adeguare le personali modalità di erogazione dei contenuti alle condizioni culturali nelle quali ogni generazione si trova a costruire il proprio percorso di apprendimento.
Quindici anni fa, questo si traduceva nella costruzione di prodotti educativi multimediali che tentavano di arginare la già visibile difficoltà delle nuove generazioni nel mantenere elevata l’attenzione senza una costante stimolazione emotiva e sensoriale.
Questa clip per l’apprendimento dell’apparato circolatorio (https://gat.to/0zsct) fa ben intuire lo sforzo di sfruttare la combinazione di video, suono e ritmo con un testo da cantare tutti insieme sulle note dell’inno ufficiale dei mondiali di calcio dell’epoca, con l’incoraggiamento alla partecipazione attiva degli studenti e il coinvolgimento di più canali sensoriali (visivo, uditivo e cinestetico) per migliorarne l’esperienza d’apprendimento.
Oggi le tecnologie di realtà aumentata e virtuale e l’epocale sconvolgimento dell’introduzione delle intelligenze artificiali generative ci consentono di realizzare prodotti davvero immersivi e di elevata qualità grafica, anche se non sempre accompagnati da altrettanta cura nei contenuti.
L’effetto wow, così ricercato perché essenziale all’attivazione emozionale dell’alunno, si esaurisce in una manciata di secondi e non può essere riproposto con altrettanta efficacia. Capita così di assistere alla costruzione di oggetti didattici sempre nuovi e accompagnati da stimolazioni ogni volta più coinvolgenti delle precedenti.
Non è però l’unica strada percorribile per proporre efficacemente la pratica sia della divulgazione che della didattica della scienza.
In quel laboratorio strategico (perché in grado di seguire il percorso didattico di un alunno per anni), privilegiato (in quanto non deve rendere conto di un ritorno economico immediato) e creativo (per necessità, data la cronica mancanza di risorse, strutture e personale) che è la scuola si sperimentano già modalità alternative per aumentare le possibilità di un successo formativo. Queste iniziative possono essere di ispirazione per altri contesti quali i musei, le città della scienza e della tecnologia.
Un esempio paradigmatico riproducibile sia nell’ambito delle attività didattiche curricolari sia extrascolastiche, facilmente adattabile all’età dei partecipanti, completamente inclusivo, fortemente interdisciplinare e realizzato con materiale di facile reperibilità, è presentato in questo laboratorio per far intuire la vastità del sistema solare (https://gat.to/fav40).
La possibilità di tenere e portare con sé l’oggetto, risultato finale dell’esperienza, è incredibilmente potente: lo abbiamo visto presentare con entusiastiche spiegazioni e malcelato orgoglio, anche a mesi di distanza e tanti bambini/e lo hanno gelosamente conservato per anni.
In altre realtà, personalizzando il retro del nastro con il proprio logo (ovviamente non più in semplice carta ma plastificato), si potrebbero creare dei gadget “unici” a costi risibili e con un potenziale enorme. La stessa logica si può applicare alla riproduzione di famosi esperimenti scientifici che hanno un prodotto finale e possono essere svolti in un’unica sessione.
Se, invece, la didattica può godere di tempi più distesi, allora diventa vantaggioso usare l’unione di singole dimostrazioni ed esperimenti nella creazione di un unico artefatto o installazione che può essere realizzata anche in modo collaborativo e interattivo coinvolgendo i discenti/utenti.
In questo caso, nel corso della didattica a distanza imposta dalla pandemia nel 2020, si è usato l’elemento ludico del Flipper (https://gat.to/l9hfr), gioco del quale i nostri alunni conoscono al massimo qualche versione digitale, per crearne un adattamento meccanico che legasse gli elementi di fisica di base oggetto di studio (Fig. 1- la molla, il piano inclinato, la forza di gravità ecc.) e un’attività di Role playing (https://gat.to/y3vby) sui quattro personaggi (Archimede, Galileo, Newton e Hooke) che ne hanno teorizzato le proprietà e le leggi.
Virtuale e fisico (Phyrtual o firtuale nella definizione data data Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale) si inseguono e intersecano costantemente nell’esperienza quotidiana delle nuove generazioni (con l’IoT, l’internet delle cose, in primo luogo) e l’abilità del professionista a cui spetta il ruolo di formatore è tutta nella capacità di comprendere quando e come favorire l’una, l’altra o fonderle insieme.
Così quello che nella tradizione sarebbe (ed è sempre stato) la realizzazione di un semplice modellino del sistema Terra-Luna, con le sue belle sfere di polistirolo colorato sospese su improbabili supporti ruotanti o attaccate con fili di nylon “invisibili” in un diorama con uno sfondo “celeste”, può, più proficuamente, diventare un percorso didattico di coding.
In questo esempio digitale del Sistema Terra-Luna (https://gat.to/8mrio) vediamo il lavoro finale di un piccolo gruppo di studenti di quinta primaria con Scratch, un ambiente di programmazione a blocchi adeguato alla loro età.
Il lavoro è relativamente semplice, ma per realizzarlo occorre aver acquisito la capacità di selezionare le immagini per inserirle nel programma, studiato il movimento relativo del sistema Terra-Luna e appreso come tradurlo in codice affinché il computer possa riprodurne i movimenti “esattamente” come sono nella realtà, rispettando il corretto numero di rotazioni terrestri in relazione ad un’orbita completa del suo satellite (mensilità), la visione costante del lato visibile della Luna ecc.
Se si vuole avvicinare narrazione e scienze, poi, merita una segnalazione speciale l’attività di Novel Engineering (https://gat.to/iptg3), cioè la lettura attenta di un testo coinvolgente proposto dal formatore (ovvero individuato in precedenza dal docente o scelto dagli studenti, in relazione alla loro età) nel quale si presenti una situazione problematica risolvibile usando un artefatto fisico, meccanico o elettronico che i lettori sono chiamati, in gruppo, a realizzare (Fig. 2).
Le possibili soluzioni devono essere estrapolate dall’analisi dei luoghi (inutile cercar legna se la vicenda è ambientata al polo sud), dall’attenzione alla storicizzazione degli eventi (niente orologi se il racconto si svolge nell’antica Roma) e dal rispetto delle caratteristiche dei personaggi (uno “particolarmente parsimonioso” non cercherebbe di risolvere il problema semplicemente acquistando tutto l’occorrente, nemmeno potendo).
In questo esempio (https://gat.to/8lp16) applicato al libro di A. Wilsdorf “Eugenia l’ingegnosa”, si comprende bene il modo nel quale sono state messe in atto le abilità e le competenze acquisite in pregresse esperienze realizzate in classe (come il galleggiamento o la costruzione di semplici circuiti elettrici), ma è nelle fasi di concezione e di costruzione dell’artefatto che si sviluppa il reale “momentum” di apprendimento.
Se risultante da una soluzione condivisa, il valore aggiunto alla “sfida ingegneristica” esalterà (anche) le capacità di lavorare insieme, sarà un incentivo alla creatività e (forse) stimolo all’imprenditorialità, si farà sostegno per un’analisi critica e favorirà il superamento degli stereotipi di genere, ma la cosa importante è che tutto il processo sia reso parte integrante dell’esperienza didattica e l’automatico apprendimento per competenze si concretizzi in un reale prodotto finale.
In conclusione, questa piccola selezione di attività didattiche che si inseriscono nell’ambito di un sistema aperto, condiviso e plurale di agenzie formative, si propone solo di quella ricchezza di approcci (dai Quiz-form alle STEMAI) che si rendono necessari per preparare i giovani non più ad affrontare il mondo come lo conosciamo oggi, ma ad offrir loro gli strumenti (logici, analitici, adattivi e relazionali) per un mondo che possiamo soltanto, e vagamente, immaginare.