Luigi Amodio
Il dibattito a livello globale sugli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, sulle sue possibili applicazioni e sull’impatto che essa avrà su vari aspetti della nostra vita, è ormai dilagante. Anche le Nazioni Unite hanno ritenuto di costituire un Comitato per l’Intelligenza Artificiale composto da circa quaranta esperti di tutto il mondo, che si è riunito per la prima volta alla fine di ottobre 2023 e il cui obiettivo è proprio quello di provare a definire regole comuni e approcci condivisi sull’IA. Analoghe iniziative sono portate avanti a livello di singoli stati oppure, nel caso del nostro continente, dalla Commissione e dal Parlamento europei.
Ovviamente, la discussione ha ben presto coinvolto anche il mondo della comunicazione della scienza e della tecnologia. Nella nostra comunità si tratta di un tema molto “caldo”, essendo l’IA al contempo oggetto di attività di comunicazione e diffusione della cultura scientifica, ma anche una tecnologia che potrà essere applicata per svolgere varie attività di comunicazione finora svolte dagli esseri umani.
Per quanto riguarda l’IA come tema di diffusione scientifica, vi sono numerosi casi di mostre, eventi, incontri, in cui i principali aspetti tecnologici ma anche e soprattutto etici, legali e sociali, sono stati dibattuti e messi al centro dell’attenzione pubblica. Lo stesso festival della scienza “Futuro Remoto. Un viaggio tra scienza e fantascienza”, organizzato dalla Città della Scienza di Napoli, svoltosi dal 21 al 26 novembre 2023 e con iniziative che si prolungheranno anche per alcuni mesi del 2024, ha non a caso scelto come proprio tema portante quello delle “intelligenze”. Un limite possibile di queste iniziative è, sicuramente, quello di “rincorrere” la realtà e arrivare in ritardo, viste le accelerazioni improvvise della tecnologia e i traguardi che essa raggiunge, talora sorprendendoci.
Quando invece si ragioni sull’IA in quanto tecnologia potenzialmente sostitutiva di attività lavorative nei mestieri della comunicazione scientifica, ci limitiamo qui a fare due esempi: la scrittura di testi, ad esempio brevi articoli giornalistici, comunicati stampa, pannelli e didascalie per mostre; oppure, ancora in campo museale ma a un livello più avanzato, attività di orientamento e guida del pubblico, per la comprensione o l’utilizzo di exhibit, attraverso applicazioni di IA generativa.
Naturalmente, quando una nuova tecnologia si affaccia all’orizzonte è molto comune assistere a posizioni polarizzate; una caratteristica che nei nostri tempi, purtroppo, è sempre più accentuata nella società, sia a causa della tendenza a una estrema semplificazione del dibattito ideale, culturale, politico; sia, in parte, per effetto delle sedi in cui tale dibattito si è progressivamente trasferito, ovvero quei media digitali che richiedono estreme concisione e velocità. Saranno quindi possibili atteggiamenti di resistenza se non di paura, rifiuto e preoccupazione (“L’IA porterà alla fine del genere umano”); o, viceversa, di entusiasmo acritico (“L’IA risolverà tutti i problemi dell’umanità”).
Chi come noi si occupa professionalmente di comunicazione della scienza e della tecnologia, naturalmente non può non monitorare quanto accade in riferimento all’introduzione dell’IA, anche nelle nostre pratiche professionali. Ci sia consentito però di mantenere un atteggiamento di equilibrio; sia perché riteniamo saggio provare a guardare grandi trasformazioni come questa con il giusto approccio critico e il massimo di documentazione e conoscenza possibili (il che richiede tempo per studiare, apprendere, confrontarsi); ma anche perché, nel corso degli ultimi decenni, di “killer application” e “tool” tecnologici nel campo della comunicazione ne abbiamo visti molti, alcuni dei quali – pensiamo ad esempio agli smartphone – anziché “uccidere” hanno solo, e del tutto a sorpresa, cambiato alcune delle nostre modalità di interagire con gli altri oppure di “abitare” quello straordinario universo che è l’infosfera.
Di qui l’invito, anche con gli strumenti di “SCI-CO+”, a continuare a osservare, sperimentare e soprattutto capire, provando a prenderci i giusti tempi per farlo.